19 Lug Credit Manager Mizuya:”Imprese e crisi Covid 2021 una nuova sfida”.
Nel 2020 un flusso da 80 miliardi di prestiti per far fronte al colpo della pandemia nel 2021 riusciremo a trovare la strada per vincere questa pandemia.
Il livello d’indebitamento arriva al 78% del Pil, ma resta sotto i picchi della crisi finanziaria.
Un meccanismo, dice Mattia Granata dell’Area studi di Legacoop, che “tutto sommato ha funzionato e, per il momento, ha scongiurato il pericolo di un credit crunch che spesso accompagna le crisi”.
Nel 2020 terminato, segnato indelebilmente dalla pandemia e dai suoi effetti sulle attività economiche, si è registrato un aumento di circa il 10% dei prestiti erogati alle imprese: si traduce in un flusso annuo di denaro attorno agli 80 miliardi. Una variazione speculare, per quanto su ordini di grandezza differenti, rispetto al crollo del Pil intorno al 9 per cento.
Numeri messi in fila dal monitor sulla terza fase della crisi dell’Area Studi LegaCoop e Prometeia, che fa risalire la dinamica dei prestiti alle ultime misure di garanzia adottate con il decreto Liquidità che hanno consentito di finanziare il fabbisogno di liquidità. Più contenuta, invece, la crescita stimata dei prestiti alle famiglie: +2,2%, per un flusso annuo di 14 miliardi.
Secondo il report “Le condizioni finanziarie delle imprese italiane”, alla crescita delle domanda di finanziamento ha fatto gioco l’aver trovato “condizioni di offerta favorevoli per effetto di un costo di finanziamento molto contenuto per il settore bancario e un minore rischio percepito grazie alle garanzie”. A livello settoriale, dall’elaborazione emerge che tutti i settori produttivi hanno registrato una crescita dei finanziamenti ricevuti, “ad eccezione di quelli legati al mercato immobiliare (costruzioni e attività immobiliari), probabilmente anche per effetto di operazioni di cessione di crediti deteriorati. I settori di attività che hanno aumentato la loro esposizione verso il sistema bancario sono gli stessi colpiti in modo più severo dalla crisi. Al primo posto, in termini di incremento percentuale, figura il settore degli autoveicoli ed altri mezzi di trasporto, seguito dalle attività di servizi di alloggio e ristorazione, dalle industrie tessili, abbigliamento e articoli in pelle, dalle attività professionali, scientifiche e tecniche”.
Se il flusso in uscita dalle banche è dunque aumentato, d’altra parte i numeri evidenziano che quello dei depositi è stato ancor più importante. A testimoniare, come già hanno rilevato alcuni osservatori sulla crescita dei denari lasciati in banca sui conti corrente, quanto ci sia stato un atteggiamento prudente da parte di famiglie e imprese. “A fronte di un flusso complessivo di prestiti che, come detto, per il 2020 è stimato in 80 miliardi, si sarebbe registrato un flusso di depositi pari a circa 104 miliardi. Valori previsti in deciso rallentamento a partire già dall’anno in corso, quando i flussi dei prestiti sono stimati pari a circa 16 miliardi e quelli dei depositi a 14”. Questa massa di debiti sottoscritta dalle aziende porta a una crescita del rapporto tra i debiti finanziari delle imprese e il Prodotto interno lordo: circa 78 per cento, “ma rimane inferiore ai valori sperimentati durante la crisi dei debiti sovrani, quando aveva superato l’80%”. Tutto questo preoccupa? Secondo il rapporto c’è la Bce a tifare per le imprese, tanto che “la sostenibilità del debito sarà facilitata dai tassi di interesse che rimangono estremamente bassi e dalla ripresa dell’attività economica”.
Ma restano validi i timori (Cerved stima che ci siano 145 mila imprese a rischio): “Per le imprese appartenenti ai settori più direttamente colpiti dalla crisi, la sostenibilità del debito potrebbe costituire un fattore di difficoltà.
Per questa ragione, viene sottolineato nel report, è importante che si continui a supportarle, sostenendo la loro liquidità”.
Queste analisi danno la misura dell’impatto della crisi sul sistema produttivo -il commento affidato a una nota da Mauro Lusetti, presidente di Legacoop- allo stesso tempo, però, hanno anche risvolti relativamente positivi. Confermano che di fronte a un drammatico urto, le condizioni favorevoli di questi anni e le politiche di emergenza hanno minimizzato il danno.
Ora la durata della crisi è cruciale per capire quanto e come le imprese italiane riusciranno a resistere e reagire.
Ma è altrettanto importante che oltre alle misure per evitare ogni rischio di credit crunch, si passi a impostare misure di medio e lungo periodo.
La ricostruzione ed il riavvio dello sviluppo italiano non saranno una corsa di velocità, ma una maratona: servono risorse, ma pure un ritmo costante e un orizzonte di programmazione lungo e strategico.
Le cooperative italiane, come anche questo focus dimostra, pur avendo patito come tutti la crisi, negli anni scorsi hanno anche riequilibrato assetti patrimoniali e finanziari.
Ci auguriamo che in una crisi così intensa ciò permetta di salvaguardare attività e lavoro, per noi il bene essenziale.
” Noi possiamo aiutare le nostre imprese stando vicino a chi vuole crescere e conoscere un nuovo modo di approcciare innovazione e tecnologia a servizio della propria azienda”.
Jigen