07 Ago “La poca attenzione alla policy sui crediti aziendali (seconda parte)” EdiMiz a cura Mario Antonio Massimo Fusario, Avvocato e Coordinatore Nazionale MizuyaLegal
Sotto un altro punto di vista, il legislatore del PNRR ha previsto agevolazioni e riduzione dei tempi per l’attività di recupero del credito.
Ove l’attività interna dovesse dare esito negativo, l’impresa, senza ritardo, dovrà procedere in via monitoria ed è qui che si incrociano gli strumenti adottati dalla riforma Cartabia del processo civile, che mirano a velocizzare l’attività di recupero crediti.
Innanzitutto vengono incentivate le mediazioni e gli accordi stragiudiziali tra le parti attraverso diverse misure: dal mese di marzo è obbligatorio notificare gli atti a mezzo posta elettronica certificata o attraverso il servizio elettronico di recapito certificato qualificato (S.E.R.C.) non solo nei confronti di soggetti obbligati ad avere un domicilio digitale (imprese, professionisti e pubbliche amministrazioni), ma anche nei confronti di soggetti non obbligati ma che abbiano comunque scelto di munirsi di domicilio digitale risultante nei pubblici elenchi INAD (Indice dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato).
La mancanza di una notifica tramite i canali digitali, o nel caso di impossibilità di utilizzo attraverso le modalità ordinarie (es. raccomandata) rende impraticabile la procedura giudiziale.
In secondo luogo, il legislatore ha disposto l’esenzione di tutti gli atti, documenti e provvedimenti adottati e redatti nel corso della mediazione da tasse, imposta di bollo e spese, ed ha previsto l’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro sul verbale di mediazione positivo nelle procedure di valore pari a 100.000 euro.
Per i procedimenti di valore superiore è dovuta l’imposta di registro per il solo valore eccedente.
Lo stesso legislatore prevede un credito di imposta sia per l’indennità dovuta all’organismo di mediazione in caso di esito positivo della procedura, sia per il compenso dovuto all’avvocato per l’attività prestata in sede di mediazione obbligatoria, entrambe entro il limite di 600,00 euro.
Anche la fatturazione elettronica fornisce il suo contributo alla riduzione dei costi per il recupero del credito.
Nonostante una circolare dell’Agenzia delle Entrate avesse già previsto la non necessarietà dell’estratto autentico delle scritture contabili (con l’ulteriore costo della certificazione notarile a carico dell’impresa) per dimostrare il credito vantato in sede monitoria, solo l’ingresso della fatturazione elettronica ha fatto si che questo ulteriore costo venisse effettivamente abrogato.
La fattura elettronica è stata introdotta in Italia sin dalla legge finanziaria 2008, nel 2014 è diventata obbligatoria per le fatture emesse nei confronti della PA e nel 2018 per i privati. Il D.L. n. 36/2022, ha esteso l’obbligo di fatturazione elettronica alle partite iva in regime forfettario con fatturazione superiore ai 25.000 € e dal 1° gennaio 2024 sarà obbligatoria per tutti i soggetti con regime forfettario.
Dunque la semplice allegazione delle fatture, purché allegate in file nativo digitale in formato .xml che rispetti i requisiti dell’Agenzia delle Entrate n. 89757/2018 relativo alle regole tecniche per l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche, dovrebbe acquisire, sotto il profilo probatorio, la stessa rilevanza dell’estratto autentico delle scritture contabili (… ma non vi è uniformità di vedute tra i Tribunali).
Andando idealmente avanti con la procedura di recupero del credito, occorre sottolineare come dal 1° marzo 2023 è venuto meno il titolo esecutivo: il d.lgs.149/2022 ha rivoluzionato (tramite modifica di consistente entità) l’art. 475 cpc ed abrogato l’art. 476 cpc: in sostanza per dare esecuzione alle sentenze, agli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria ed agli atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale, non è più prevista l’apposizione della formula e la spedizione del titolo in forma esecutiva, ma gli stessi atti, per essere messi in esecuzione ai sensi dell’art. 474 cpc devono essere rilasciati in copia attestata conforme all’originale, salvo che la legge disponga altrimenti.
In questo modo il legislatore ha inteso velocizzare il passaggio dall’acquisizione del titolo alla procedura esecutiva.
Anche sotto un altro aspetto la Cartabia ha voluto incidere sulla rapidità delle procedure di recupero del credito: con il D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162 il Legislatore aveva introdotto nel codice di procedura civile l’art. 492 bis cpc “Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare”.
Tramite questo strumento, il creditore, ottenuto il titolo esecutivo e notificato l’atto di precetto, poteva ricorrere al Tribunale del luogo di residenza del debitore per essere autorizzato ad accedere alle Banche dati delle PA ( anagrafe tributaria, archivio dei rapporti finanziari, archivio degli enti previdenziali ed ufficio del registro) per l’acquisizione delle informazioni necessarie a soddisfare il proprio credito; tale controllo che avrebbe dovuto essere eseguito dall’Ufficiale Giudiziario, ma che in mancanza del necessario collegamento telematico, veniva operato direttamente dal creditore procedente tramite apposita autorizzazione del Presidente del Tribunale.
Con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, dopo la notifica dell’atto di precetto e decorso il termine minimo di 10 giorni dalla stessa, non è più necessaria l’autorizzazione del Presidente del Tribunale e l’Ufficiale Giudiziario può accedere direttamente alle banche dati delle PA (tra l’altro in forma gratuità); tuttavia in caso di impossibilità di accesso alle strutture telematiche lo stesso Ufficiale Giudiziario deve attestare l’impossibilità di attuazione della norma ed il creditore procedente può procedere direttamente, ai sensi dell’art. 155 quinquies delle disposizioni di attuazione, senza alcuna autorizzazione.
La nuova disposizione prevede inoltre la sospensione del termine dei 90 giorni per l’efficacia del precetto, dunque in caso di ritardo da parte del Presidente del Tribunale o degli Ufficiali Giudiziari (quando saranno muniti degli strumenti tematici idonei e necessari) si eviterà al creditore di dover sostenere ulteriori spese per la notifica del precetto.
Anche sotto tale punto di vista il Legislatore intende favorire il creditore sia sotto il punto di vista dei tempi di procedura, sia sotto il punto di vista dei costi di procedura.
Ulteriori dettagli da tenere in considerazione per strutturare strategicamente l’attività di recupero del credito riguardano gli importi dei crediti da recuperare: ad esempio le attività commerciali o di fornitura strutturate da micro crediti in grandi quantitativi devono tenere a mente che per i crediti fino ai 1033,00 euro vi è l’esenzione dal deposito (all’atto di iscrizione a ruolo) della marca da bollo di 27,00, così come l’esenzione dall’imposta di registro.
Allo stesso modo è utile tener conto del fatto che, in caso di impossibilità conclamata di recupero del credito le perdite sono deducibili (art. 101 c. 5 Tuir) se risultano da elementi certi e precisi (ad esempio un decreto ingiuntivo negativo) per cui il creditore è liberato dall’onere di provare la certezza e l’entità della perdita, sempre per la parte che eccede il fondo di accantonamento fiscale 0,50% (art. 101 c. 5 Tuir).
Tra gli indicatori della perdita sui crediti ai fini della deducibilità vi sono, tra gli altri, i documenti attestanti l’esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore (ad esempio, il verbale di pignoramento negativo), sempre che l’infruttuosità delle stesse risulti anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore, assoluta e definitiva;
La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/e del 2013 ha riconosciuto infatti che è condizione sufficiente per la deducibilità della perdita l’antieconomicità delle azioni di recupero, sempre che il contribuente abbia almeno fatto un tentativo (anche tramite pec o raccomandata) per ottenere quanto di suo diritto.
Se il credito è di modesta entità cioè ha un valore nominale (comprende l’iva ed è al netto di eventuali parziali pagamenti):
– inferiore a 2.500 Iva compresa per tutte le imprese
– inferiore a 5.000 euro Iva compresa per le imprese con ricavi superiori a 100 milioni di euro
ed è scaduto da oltre 6 mesi può essere portato in deduzione.
Resta sempre possibile dedurre la perdita su un credito di importo non modesto o non scaduto da più di sei mesi, laddove si dimostri l’irrecuperabilità definitiva dello stesso.
Ad esempio, in seguito ad un’infruttuosa diffida al pagamento unitamente alla notizia di una serie di titoli protestati oppure della lettera del legale che descrive i tentativi inutilmente esperiti per recuperare il credito.
Occorre considerare le posizioni per singolo credito e non per cliente, rispetto al quale è possibile dedurre più perdite su differenti crediti (fatture), purché riferibili a rapporti giuridici (vendite o prestazioni di servizi) distinti.
Alla luce di tutte queste novità, le attività imprenditoriali, siano essere in forma individuale che in forma societaria, non possono più permettersi di non adottare al proprio interno procedure di monitoraggio da concordare nel dettaglio, secondo il principio delle “best practice”, con i propri consulenti esterni (avvocati/commercialisti).
Il recupero crediti è uno degli esempi, ma nell’attività di ogni singola impresa sono tali e tante le aree di rischio che se ne potrebbe scrivere un compendio (dalla tutela ambientale alla sostenibilità, dalla tutela dei lavoratori alla tutela dai lavoratori, dalla cyber security alla privacy, all’intelligenza artificiale ed addirittura al metaverso).
Ma attenzione, anche noi, consulenti d’azienda, dobbiamo modificare il nostro approccio all’attività di consulenza: sebbene da un modello generalista si stia inesorabilmente passando ad un modello di specializzazione, proprio la collaborazione costante tra professionisti di diversi settori, può portare alla contaminazione reciproca fino ad arrivare ad una vera e propria “ibridazione delle competenze”, filosofia che Mizuya ha ben spiegato nell’articolo del 10 luglio scorso e che trae origine concetto dallo studio Job 2030 (www.job2030.it), un progetto di ricerca che coinvolge professionisti con diverse competenze e che ha come obiettivo quello di prevedere quelle che saranno le professioni più comuni negli anni a venire.
E’ necessario innanzitutto stabilire delle time lines per avviare le operazioni di recupero, a partire dalla messa in mora, e strutturare procedure interne per monitorare la situazione direttamente con il cliente.
Tale pratica può essere portata avanti con tecniche di marketing finalizzate alla costumer satisfaction che hanno il duplice vantaggio di verificare il gradimento del cliente per il prodotto/servizio offerto e capire l’eventuale insidia relativa al mancato pagamento della commissione.
Le procedure possono concludersi con il recupero totale o parziale (a saldo e stralcio del credito), con un piano di rientro, che va anch’esso monitorato costantemente.
Avv.to Mario Antonio Massimo Fusario
Coordinatore Nazionale Mizuya Legal