“Gestione della Crisi di Impresa ed Insolvenza”. EdiMiz a cura di Stefano Bonaccorsi, Credit Risk e Treasury Compliance Manager

“Gestione della Crisi di Impresa ed Insolvenza”. EdiMiz a cura di Stefano Bonaccorsi, Credit Risk e Treasury Compliance Manager

A settembre 2021 entrerà in vigore il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.

I primi 25 articoli del Codice, più che riguardare il diritto della liquidazione giudiziale, attengono alla finanza d’impresa ed introducono due principi: EarlyWarning e GoingConcern.
Si tratta di un importante e profondo cambiamento e impone all’imprenditore di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale.
Il tessuto imprenditoriale italiano è soprattutto costituito da PMI, che rappresentano il nocciolo duro dell’economia. Vanno salvaguardate e supportate collettivamente anche con idee tese a far emergere miglioramenti operativi, imprenditoriali, ecc.
Ancora prima della piena ripresa dell’attività economica ritengo  sia opportuno che durante questi mesi che ci dividono dall’entrata in vigore del codice, quindi per non trovarsi impreparati rispetto alle conseguenze evidenziate nell’art. 378 (Responsabilità degli amministratori)  le imprese si debbano dotare di un sistema di gestione volto a proteggere innanzitutto il rischio illiquidità, per raggiungere un equilibrio strutturale o, meglio ancora, l’equilibrio economico-finanziario e più ancora la salvaguardia del capitale circolante.

Principi
L’imprenditore deve quindi dotarsi di comportamenti e strumenti atti ad un governo d’impresa che sia:
1. consapevole,
2. controllato,
3. pianificato.

Questo approccio deve quindi portare gli amministratori a:
– adeguare l’organizzazione della propria impresa, attraverso procedure per scongiurare i rischi connessi ad un eventuale disequilibrio economico finanziario;
– adattare il sistema di gestione considerando il contesto interno ed esterno in cui la società opera;
– monitorare la continuità aziendale per adempiere agli obblighi previsti dall’ordinamento.
Ciò significa che le aziende devono attivare Piani e Procedure di Business Continuity non solo atte a supportare le esigenze di liquidità a breve, ma estenderle anche ai rischi operativi, di mercato, di compliance, oltre a quelli che insistono sulle specifiche realtà, per garantire il mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario. Si fa quindi palese la necessità di utilizzare non solo un sistema di gestione collaudato, ma anche certificato.

Progetto
Gli Amministratori hanno diverse possibilità. La migliore è sicuramente quella di avviare un progetto, suddiviso per fasi concatenate l’una all’altra, ragionato in modo da: individuare obiettivi, pianificare il loro raggiungimento, identificare e gestire i rischi, implementare controlli, monitoraggi e misurazioni idonei a ad effettuare valutazioni ed introdurre miglioramenti.
Potrebbe sembrare una metodologia orientata solo per aziende strutturate, ma non è così!
Essere piccoli e poco strutturati non significa essere privi di un’idea di business, muoversi in un contesto ininfluente, operare senza rischi, ecc.
Seguire un metodo aiuta a capire com’è posizionata la propria impresa, avere un’idea chiara sui rischi e come mitigarli, ragionare per obiettivi in successione tra loro.
Soffermarsi su questi punti vuol dire fare un investimento per portare nel futuro l’azienda.
Non è certo questa la sede per dettagliare un simile progetto; mi limito ad indicare sommariamente un percorso, augurandomi che possa accendere interesse ed eventualmente sollevare anche critiche se ciò possa divenire utile a supportare le nostre PMI su come prevenire la crisi e preservare la continuità aziendale.

Analisi del contesto

Il contesto è l’ecosistema nel quale l’impresa opera e dal quale viene influenzata.
Due sono gli ambiti: interno ed esterno.
Il primo riguarda l’organizzazione, la disponibilità di risorse umane, tecniche adeguate e produttive, ivi incluse quelle finanziarie.
Il secondo, le condizioni economiche, finanziarie, sociali e politiche, oltre a quelle amministrative del/dei Paesi in cui si opera.
Già in questa fase devono essere individuati i primi rischi che possono determinare uno stato di crisi.

Definizione degli obiettivi e redazione della policy
Qual è l’obiettivo?

Qual è l’indirizzo imprenditoriale, coerente con il contesto, che permette di raggiungerlo?
Quali sono le risorse economico-finanziarie di cui si ha bisogno?
Rispondere a questo fa accrescere l’esigenza di definire la politica aziendale ed i processi di attuazione, l’individuazione di ruoli e responsabilità.

Pianificazione economico-finanziaria e determinazione dei rischi
La pianificazione è il documento che illustra strategie e processi volti al conseguimento degli obiettivi.

Sono incluse stime economico-finanziarie, rischi ed opportunità e l’individuazione degli indicatori di allerta a cui il Codice fa esplicito riferimento.
Per quanto riguarda i rischi, che è forse l’argomento di rilievo per la prevenzione della crisi, questi vanno individuati, mappati, misurati, presidiati e monitorati.

Controllo dei processi
Processi e rischi vanno presidiati per individuare scostamenti dalle strategie definite.
Focale nell’ambito della gestione della crisi d’impresa è il presidio ed il controllo dell’equilibrio economico-finanziario.
Individuare un obiettivo, una strategia ed un processo senza che vi sia un presidio permanente significa rinunciare al controllo sulle attività produttive, sui rischi e quindi sul perseguimento degli obiettivi.

Monitoraggio e misurazione
L’efficacia di una simile progettualità necessita di un momento conclusivo: il monitoraggio e la misurazione. L’analisi che ne consegue è in grado di individuare gli scostamenti e soprattutto di compiere una valutazione sull’efficacia della strategia rispetto agli obiettivi. È proprio in questo contesto che l’analisi degli indicatori di rischio e quelli di performance ci fornisce informazioni utili per intraprendere misure idonee a garantire la continuità aziendale, evitare la crisi o attivarsi senza indugio per l’adozione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento.

Divulgazione
I documenti che compongono e descrivono il sistema di gestione devono essere divulgati utilizzando eventuali sistemi di classificazione, internamente ed esternamente.
La divulgazione interna è finalizzata a coinvolgere tutte le risorse nel Progetto Impresa. Quella esterna comunica chi siamo, cosa facciamo e soprattutto con quale attenzione, e perché no, PERSEGUIMENTO DEL BENE COMUNE.
Implementare un tale sistema di gestione è condizione necessaria ma non sufficiente.

Certificazione
Non basta avere un metodo: è necessario ottenere una certificazione, basata su schemi collaudati e riconosciuti internazionalmente.
Questo riconoscimento non solo “certifica” il processo di gestione e monitoraggio del ciclo, ma contribuisce anche a diffondere internamente la cultura del rischio.
Con la certificazione, l’impresa viene anche “auditata” da organismi indipendenti, il che comporta un riconoscimento pubblico del lavoro svolto soprattutto nei casi in cui vengono avviate le procedure previste dal codice Crisi di Impresa.

Stefano Buonaccorsi
Credit Risk, Treasury and Compliance
Manager

 

 



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