“Quando la BlockChain contrasta il Greenwashing?”

“Quando la BlockChain contrasta il Greenwashing?”

Un’Azienda che si dichiara “sostenibile” non lo fa “per moda”  ma per scelta, con la precisa determinazione di raggiungere alcuni vantaggi:
– aumento del proprio valore aggiunto generato e fidelizzazione dei propri Clienti
– incremento dell’efficienza dei processi interni e quindi maggior efficientamento con conseguente riduzione di sprechi
– aumento della produzione e dell’occupazione
– crescita della propria brand reputation e fiducia dei propri stackeholder

Riuscire a raggiungere anche uno solo di questi obiettivi è molto complesso per una impresa e soprattutto richiede tempo con cui “gestire” tra loro le diverse variabili che compongono il singolo modello di business.

Purtroppo però quando sentiamo parlare di “sostenibilità” siamo ancora “tutti molto scettici” e non è raro che “vogliamo vederci chiaro”…..magari…con la lente di  ingrandimento!.

Diffidenza gratuita?
Non proprio visto che spesso gli organi di vigilanza italiani come Iap ed  Antitrust sono intervenuti sanzionando pratiche scorrette di Imprese che praticavano il Greenwashing…

Il greenwashing rappresenta una strategia di marketing, caratterizzata dal presentare una immagine aziendale accomodante e schierata a favore della “sostenibilità”.
Una strategia finalizzata quindi a costruire una propria immagine ingannevolmente positiva .
Una pratica con cui si cerca di attirare il consumatore ecosensibile trasferendo un’immagine che dissimula una sostenibilità ambientale dei processi produttivi o dei prodotti.

Casi rari che riportano al passato?
Non proprio visto che lo scorso 31 maggio gli agenti dell’autorità che vigila sui mercati tedeschi avrebbero fatto irruzione nelle sedi Deutsche Bank e della Dws, sua società di gestione del risparmio.
Scopo di questa attività ispettiva è quello di verificare se il colosso tedesco abbia parzialmente o totalmente “mentito” in merito alla tipologia di investimenti proposti come ambientali, sociali e di governance (ESG) degli investimenti proposti.
Nel Bilancio 2020 una importante quota delle masse gestite da Dws poteva essere ritenuta “sostenibile” con criteri ESG.
Se i sospetti fossero confermati, l’istituto avrebbe cercato di presentare sotto una veste verde i propri investimenti, andando incontro alla crescente sensibilità da parte dei consumatori. Si sarebbe però trattato soprattutto di una mossa di marketing che non trovava conferma nell’effettiva selezione dei titoli.

Ci sono anche altri casi di greenwashing.
C’è quello della compagnia petrolifera Chevron che, per convincere i propri clienti del suo valore aggiunto rispetto alla concorrenza suggerivano come i dipendenti della compagnia fossero impegnati attivamente nella tutela di orsi, farfalle, tartarughe.

Il caso Coca-Cola Life che, qualche anno fa, si propose come una bibita a basso contenuto calorico grazie alla presenza della stevia al posto dello zucchero.
C’è quello di Shell, multata dall’Authority in Inghilterra, per via di uno spot che dichiarava che l’estrazione di petrolio dalle sabbie bituminose del Canada era sostenibile (nonostante le emissioni fossero dieci volte superiori a quelle del greggio).

In Italia, tra i casi più noti di greenwashing c’è lo spot di Ferrarelle che pubblicizzava la bottiglia a “impatto zero” promettendo la compensazione della CO2 emessa, con la tutela di nuove foreste: l’azienda è stata multata perché “impatto zero” lascia intendere che la Co2 viene interamente compensata.

C’è San Benedetto, che nel 2010 era stata multata per avere presentato la propria bottiglia di plastica come “amica dell’ambiente” (pubblicizzando le nuove bottiglie come prodotte con meno plastica, meno energia e più amore per l’ambiente).
Nel 2012 Sant’Anna è stata multata per l’eco-bottiglia “BioBottle” perché nella pubblicità sull’eco-bottiglia riportava pregi ambientali superiori alla realtà.

Difendersi dal greenwashing è possibile quanto doveroso ed opportuno.

Ci piace sostenere ed incentivare i nostri Clienti che hanno maturato questa consapevolezza che è divenuta, gradualmente, parte integrante del proprio modello di business.

Riteniamo che la Blockchain possa rappresentare un valido strumento con cui un’impresa possa “certificare” la propria sostenibilità e con essa, l’adozione di principi ESG.

L’Impresa che si avvale della tecnologia Blockchain assume una responsabilità nei confronti di consumatori e partner proprio perchè le informazioni che condivide sono immodificabili nel tempo e permanentemente fruibili.

La tecnologia Blockchain permette quindi alla Tua Azienda di sostanziare un vero e proprio sistema di engagement con chi compone la filiera ma soprattutto con i propri clienti attraverso qr code/NFC o e-commerce.
In pochi secondi sei in grado di “dimostrare” cosa stai facendo per l’ambiente ed in ambito sociale.
Se vuoi approfondire il nostro strumento BlockMi.

Marketing Mizuya



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